Dal teatro d’attesa medievale alla frenesia dei nostri giorni
Adam de La Halle fu uno dei maggiori trovatori del suo tempo e come artista completo e poliedrico, cosa possibile nel medioevo romanzo ma ai nostri giorni ormai del tutto scomparsa, oltre a dedicarsi alla sua attività principale di musico, si dedicò anche alla composizioni di opere teatrali che influenzeranno la ripresa di un teatro laico dopo gli anni bui dell’alto medioevo. Se infatti parte di un nuovo riconoscimento della pratica teatrale è dovuto alle cosiddette “Moralities”, o ai drammi sacri che sono evoluzioni della drammatizzazione della passione pasquale, sono i giullari colti e i trovatori a riportare per primi su carta un teatro di intrattenimento e narrazione, che probabilmente non è mai venuto meno anche nei secoli più bui e che trovava il suo luogo d’elezione nelle occasioni di festa all’interno dei castelli e delle corti europee sopravvivendo come pratica teatrale e venendo tramandato oralmente.
La caratteristica di questi testi teatrali antichi non è tanto l’unità drammatica della storia quanto l’essere piuttosto una sorta di teatro di narrazione che prende spunto da un luogo comune, uno spazio fisico che permette alla variegata e rigidamente divisa società medioevale di incontrarsi, di confrontarsi e di interagire uscendo dalle classificazioni sociali dell’epoca. Così nel francese De La Halle troviamo una pergola sotto la quale rinfrescarsi, nei Racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucher un’osteria su una via di pellegrinaggio e così via.
Il “mondo” si incontra in questi luoghi e questo rende possibile un confronto fra personaggi diversissimi (medici, avari, frati ecc.) generando da una parte un racconto di storie, dall’altra una serie di situazioni comiche e grottesche volte a svelare i mali del tempo o a ingenerare riflessioni filosofico esistenziali. Ciò che accomuna molti di questi testi medioevali è il senso dell’attesa, una scansione del tempo che fortemente contrasta con i tempi del vivere contemporaneo.
Ed è proprio dall’attesa e da una diversa organizzazione del tempo che prende avvio il nostro progetto drammatico, che parte dal medioevo per tornarci circolarmente, ma che tocca, anche se fugacemente come in un sogno fatato, molte epoche storiche in cui sotto la stessa pergola si vive un senso del tempo completamente diverso in cui spesso “l’attesa” anche simbolica non sarebbe più possibile.
Al senso del tempo e dell’aspettare è poi legato il ripetersi di gesti e tradizioni che sono parte del vissuto sociale. Anche per questo aspetto partendo dalla ritualità dei tempi antichi abbiamo cercato di toccare vari tipi di ritualità gestuale anche poco riconoscibili come tali ma che caratterizzano fortemente il vivere contemporaneo. Forse per riconoscere che anche nella frenesia dei giorni nostri resta celata una sorta di ritualità.
Partendo dalle narrazioni del teatro medioevale, abbiamo provato a costruire una sequenza temporale selezionando i nostri ricordi, le nostre esperienze, teatralizzandole successivamente a fini rituali per ritrovare il senso del tempo legato ai ritmi della natura, del cibo, delle tradizioni locali anche linguistiche per poi tornare come in un sogno al medioevo da cui in fondo è partita l’avventura del teatro europeo moderno.
R. Malesci
...continua
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