'Romolo il grande', rilettura della caduta dell’impero Romano d’Occidente, è forse la più celebre fra le opere teatrali di Durrenmatt. In essa si narra di come Romolo, all’apparenza inerte personaggio dedito alla pollicoltura, ultimo imperatore d’occidente, contribuisca con lucida volontà alla liquidazione dell’ istituto imperiale. In realtà la storia ci consegna un personaggio ben diverso da quello descritto da Durrenmatt. Romolo, detto 'Augustolo' (piccolo Augusto), è per ironia della sorte omonimo del suo avo fondatore dell’ Urbe e null’altro.
QUADRO STORICO
Quando nel 475, il tredicenne illustre (Augusto da parte di madre), viene posto sul trono imperiale dal padre Oreste, Roma è formalmente morta da anni. Dilaniata dalle diatribe intestine, senza più una classe dirigente, invasa e saccheggiata regolarmente da orde barbariche, corrotta e annientata nelle viscere del proprio sistema, emana gli ultimi effluvi di una civiltà ormai defunta. La carica imperiale, svuotata di valore, vaga tra le mani di un discutibile patriziato romano detentore del potere politico. Oreste, all’apice della propria carriera politica, osteggia e con successo ottiene la deposizione di Giulio Nepote, regnante sgradito al senato posto sul trono imperiale da Zenone, pontefice massimo d’oriente, nel 474. Sbaragliato l’ultimo ostacolo, Oreste, temendo ritorsioni a causa dell’ambiguo passato militare al fianco di Attila, non accede alla carica massima ma fa proclamare il figlio imperatore tenendo per sé il titolo di patrizio.
Nel 476, diviene re delle tribù germaniche Odoacre. Questi scende in Italia, annienta l’esercito romano a Pavia e decapita Oreste a Piacenza dopo averlo fin lì inseguito. Quando Odoacre incontra Romolo, lo depone, si autoproclama re d’Italia, manda le insegne imperiali a Costantinopoli e congeda il giovane Augustolo con una ricca pensione e una sontuosa villa in Campania. Nella pièce invece Romolo è un maturo imperatore che regna per vent’anni, inseguendo con lucidità il suo progetto politico che ambisce alla definitiva abrogazione dell’impero romano.
Alberto Cella
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