Una brocca di valore storico si è rotta. Chi è il colpevole? Querele, interrogatori e controinterrogatori che rivelano innamorati fedifraghi, giudici disonesti e fughe rocambolesche. Ma alla fine chi ha rotto la brocca della discordia? Una soluzione all'odore di zolfo. Una spumeggiante serata con la più bella commedia tedesca.
LA BROCCA ROTTA
Perché tanto accanimento intorno ad una brocca sia pure di volore storico? Questa è la prima domanda che viene in mente assistendo alla succosa commedia di Heinrich von Kleist.
Si comprende che questa sottolineatura rimanda a qualcosa di più che al semplice catalizzatore della vicenda comica, portata poi innanzi con incomparabile maestria drammatica da Kleist. L’insistere spasmodico di Comare Marta intorno alla brocca, l’indifferenza della classe maschile (il giudice Walter, Roberto e il padre Vito) sottintende la volontà dell’autore di dare un significato ben più pregnante a questa mitica e antichissima brocca.
E questo significato è non casualmente difeso in somma parte da Comare Marta, colei che è la detentrice del focolare domestico, la vedova onesta, simpatica e scaltra, colei che in fin dei conti può assommare tutte le virtù di uno stato laico e protestante nei suoi principi. In questo senso la rottura della brocca diventa irreparabile, poiché se Marta rappresenta per l’autore l’ideale di stato etico alla Rousseau, la brocca diviene improvvisamente il rimando etico ad una verginità primigenia dell’organizzazione umana che il poeta in gioventù aveva tentato di ritrovare come acquisizione razionale ma che sente ormai persa per sempre anche in seguito al cataclisma della rivoluzione francese.
Egli riversa nell’ostinata Comare Marta tutta la voglia irrazionale di giustizia sociale e politica a cui il giovane Kleist ha sempre aspirato. Questa giusta aspirazione è però affossata dalla realtà amministrativa permeata di corruzione, provincialismo e favoritismi. Non a caso tutti i rappresentanti della legge rivelano al fine una luce negativa dimostrandosi corrotti, arbitrari o quantomeno conniventi. I riferimenti satanici che permeano il personaggio di Adam, archetipo del potere e dell’autorità, gettano una luce pessimista e dissacrante sull’organizzazione della società e sul nuovo modello di stato centralista e autoritario che dalla Prussia si sta espandendo in tutta Europa. Non dimentichiamoci che la commedia viene scritta nel 1802 quando ormai lo spirito e i sogni dell’età dei lumi si stanno ampiamente perdendo senza che al loro posto possa farsi spazio un altro ideale. Non solo lo stato non riesce a garantire giustizia, ma esso stesso è pervaso di ingiustizia, diventando una macchina che travolge anche il singolo più ligio e corretto verso i suoi doveri.
Solo Comare Marta non perde la sua fiducia in un’istanza di giustizia superiore anche se questa ricerca sfocia volutamente nel ridicolo, nell’ostinazione protestante e tipicamente tedesca a concentrarsi sul proprio compito a perseguire con meticolosità e scrupolo il proprio scopo. Ma sarà proprio questa ostinazione che rivela il profondo pessimismo di Kleist verso la società europea che esce dal secolo dei lumi: Marta andrà pure, con ostinata baldanza, a cercare giustizia a Utrecht, ma l’autore sa benissimo che ormai una società di giusti, una entità intellettuale superiore non sarà più dell’ottocento, il secolo in cui l’idea di una comunità di popoli si infrangerà contro gli egoismi, le clientele e gli interessi di parte, il secolo degli stati nazionali, degli interessi contrapposti, del colonialismo; il secolo che preparerà la strada alle contrapposizioni che sfoceranno nel successivo novecento nella barbarie che conosciamo.
...continua
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