I Promessi Sposi

Da Alessandro Manzoni

Regia Fiorenzo Savoldi


I promessi sposi: un patrimonio comune

“Quel ramo del lago di Como…” è il notissimo incipit del grande romanzo manzoniano. È indubbio che tutti conoscano, almeno a grandi linee, i Promessi Sposi, che è patrimonio comune della formazione di ogni italiano. Nelle memorie scolastiche di ognuno di noi riecheggia l’inizio del romanzo che è anche l’archetipo di una delle più note storie d’amore della letteratura italiana: quella fra Renzo Tramaglino e Lucia Mondella.

Affrontando la sfida della messa in scena di un grande classico, ci siamo principalmente concentrati su una riduzione teatrale che potesse adattare i molteplici contenuti del romanzo in una storia avvincente e dai tempi teatralmente serrati, senza tuttavia tralasciare i temi fondamentali affrontati dal romanzo.

Scenograficamente abbiamo optato per una grande tavolata che divide in due il palcoscenico. Questa ci permette una molteplicità di ambientazioni e di significati metaforici: desco nuziale, spalto, altare, muro, ricovero, strada e convento. Una tavola che unisce e divide i tanti personaggi che costellano il romanzo. Spesso abbozzati in apparizioni fugaci, ma tutti con il loro carattere precipuo e indimenticabile: Agnese, Perpetua, Don Abbondio, il padre Cristoforo, il Cardinale Borromeo, Don Rodrigo, il Conte Attilio, il Podestà, il Griso, L’Innominato, il Nibbio, l’Azzeccagarbugli, Tonio, Gervasio, Ferrer, Egidio e la Monaca di Monza.

Non ci resta che iniziare la travagliata storia dei nostri innamorati Renzo e Lucia: “Quel ramo del lago di Como…”

 

 

Riassunto

Quando ormai manca pochissimo al matrimonio di Renzo e Lucia, due bravi al soldo di Don Rodrigo, il signorotto locale, intimano al pavido Don Abbondio di non celebrare le nozze. Il curato, impaurito, confida quanto accaduto alla propria serva Perpetua e decide di rimandare la cerimonia accampando improbabili scuse. Renzo però, indirizzato dalle parole sfuggite alla loquace domestica, riesce a far confessare al prete le ingerenze del prepotente Don Rodrigo e scopre, parlando con Lucia, che la giovane è diventata l’oggetto delle attenzioni dello stesso.

Il giovane cerca allora di risolvere la questione per vie legali, interpellando l’avvocato Azzeccagarbugli, mentre il Padre Cristoforo, frate cappuccino a cui Lucia ha chiesto aiuto, affronta Don Rodrigo nel suo palazzo. Entrambi i tentativi non ottengono il risultato sperato e così Agnese, la madre di Lucia, propone ai due giovani di organizzare un matrimonio di fortuna pronunciando i propri voti in casa del parroco. Anche se il prete sarà contrario, basterà infatti la sua presenza per rendere lo sposalizio valido. Il piano tuttavia non va a buon fine ed i tre devono fuggire perché informati del fatto che alcuni bravi, incaricati da Don Rodrigo, sono giunti in paese per rapire Lucia.

La giovane trova rifugio nel convento di Monza, sotto la protezione dell’ambigua monaca Gertrude, mentre Renzo scappa a Milano, dove prende parte all’assalto ai forni del pane e rischia di essere arrestato.

Venuto a sapere che Lucia gli è sfuggita, Don Rodrigo si rivolge al malvagio Innominato e gli chiede aiuto per rapire la ragazza a Monza. Il potente signore la fa sequestrare ma dopo una notte angosciosa si scopre pentito e completa la sua conversione incontrando il Cardinale Borromeo.

Lucia, tornata libera, confida alla madre di aver fatto un voto alla Madonna chiedendole di essere salvata dai suoi rapitori in cambio della propria castità. Il ricongiungimento con Renzo è pertanto impossibile e Lucia viene inviata per sua sicurezza a Milano.

Informato del voto dell’amata, il giovane non si dà per vinto e la raggiunge nella grande città dove però inizia ad infuriare la peste.

I due innamorati, scampati alla peste, si ritrovano quindi al lazzaretto dove Don Rodrigo giace esanime. Fra Cristoforo scioglie Lucia dal suo voto, cosicché i due innamorati, finalmente liberi da ogni impedimento, possono tornare finalmente a casa ed ottenere che Don Abbondio celebri il tanto agognato matrimonio.