I Tre Moschettieri
di Alexandre Dumas Padre
Regia Raffaello Malesci
Un romanzo intramontabile della letteratura francese diventa una brillante e concitata commedia, in cui le avventure mozzafiato dei Moschettieri e di D’Artagnan si intrecciano all’ironia picaresca e alle grandi scene corali della corte di Luigi XIII.
Sullo sfondo della Francia del seicento e delle trame politiche dell’onnipotente cardinale Richelieu, si dipana un giallo mozzafiato, una divertente storia di spie, un intrigo degno del miglior James Bond.
I Tre Moschettieri, una “Spy Story” del seicento
Ridurre in forma teatrale un romanzo di oltre seicento pagine non è certo impresa facile, ma di altrettanto sicuro stimolo. Dumas ha generato intorno alla figura degli eroi di cappa e spada un immaginario universale immediatamente riconoscibile, amplificato poi dalle numerose trasposizioni cinematografiche. Fin dal film del 1921, diretto da Frank Niblo e con Douglas Fairbanks nella parte di D’Artagnan, i Moschettieri sono sempre, con pochissime eccezioni, eroi belli, coraggiosi e senza paura. Nel romanzo questo aspetto è sicuramente presente, ma non solo.
Abbiamo perciò cercato di ritrovare lo spirito originale di Dumas, creando personaggi pieni di verve comica e di spirito picaresco, direttamente mutuato da Cervantes. Ecco infatti la descrizione di D’Artagnan : “figuratevi don Chisciotte a diciott'anni, ma un don Chisciotte senza corazza e senza cosciali, vestito di una giubba di panno il cui blu originario si era trasformato in una sfumatura indescrivibile di feccia di vino e d'azzurro pallido. Viso ovale e bruno dagli zigomi salienti, segno indubbio di astuzia; muscoli mascellari enormemente sviluppati, indizio infallibile dal quale si riconosce il guascone, anche senza berretto, e il nostro giovanotto ne portava uno ornato di una specie di piuma; occhio grande e intelligente, naso adunco, ma finemente disegnato, troppo grosso per un adolescente e troppo piccolo per un uomo maturo.”. Niente di più lontano dalla figura eroica e prestante trasmessa dalla maggior parte delle riduzioni cinematografiche. Lo stesso dicasi per i compagni di D’Artagnan, spesso addirittura più guasconi del guascone, nel loro essere perennemente in bolletta, a caccia di donne o di cene, mentre bighellonano annoiati fra una campagna militare e l’altra.
Intorno a loro ruota una Francia epica, dominata dall’ombra diabolica del Cardinale Richelieu. Maestose figure di “cattivi” quali Milady e Rochefort, accendono gli intrighi di corte in una sequenza di avvenimenti mozzafiato in cui prevale l’azione rocambolesca, l’avventura e il doppio gioco. Una vera e propria “Spy Story” senza esclusione di colpi, con assassinii, avvelenamenti, inseguimenti e cavalcate a perdifiato fra Londra e Parigi. Dumas crea con “I Tre Moschettieri” un racconto dai tratti irreali ed eccessivi che, pur affondando nella storia di Francia, spesso ha con essa poco a che fare. Un genere appassionante, da sempre carburante di una fortunata letteratura popolare che arriva fino agli odierni videogiochi passando per la saga di James Bond.
Una storia da bere d’un fiato, in cui le figure dei protagonisti si stagliano nette e potenti, anche se non esattamente coincidenti con l'immaginario collettivo. In questo sta l’interesse di una riduzione teatrale de “I Tre Moschettieri”. Nel riscoprire l’umanità dei personaggi, che a teatro, in una performance dal vivo e senza effetti speciali, ritornano uomini in carne ed ossa, con le loro debolezze ed i loro sentimenti, non più costretti nel cliché di eroi a tutti i costi a cui spesso sono stati condannati.